
Caro lettore, benvenuto a questo post dedicato ad una lingua che il pubblico italiano sta iniziando a conoscere grazie alle vacanze, ai mesi di Erasmus e a Netflix: il valenziano. 🥘
In generale, ancora oggi di quelli che arrivano a València pochi lo sanno. Si sa, a volte, di Barcellona, destinazione turistica e meta di emigrazione di orde di italiani da decenni. Ma València? No, arrivano in tanti anche qui, ma pochi ne sono a conoscenza.
Se anche visitassero il sito web di promozione turistica della città, difficile che se ne accorgano: non viene detto da nessuna parte. C’è, sì, la bandierina della Comunitat, a destra di quella spagnola e prima di quella inglese; ma potrebbe perfettamente passare inosservata.

Però non possono fare a meno di accorgesene all’arrivo in aeroporto. L’aereo s’avvicina al suolo spagnolo e, se sono fortunati, sono arrivati quando già era buio e l’aereo ha sorvolato la città sbrilluccicante. Scendono, si avviano le uscite e leggono: Eixida, arribades, uhm. Non sembra spagnolo.
Ma no, lo spagnolo è quell’altra cosa lì, scritta a fianco: salidas, llegadas. Ma allora? Eheh: benvenuti in terra valenzana, o, come si dice nella lingua coufficiale, benvinguts a les terres valencianes.
Questa delle due lingue ufficiali è una particolarità che non può non incuriosire: è difficile sbrogliare la matassa, sia che si domandi ai valenzani, sia che si cerchi nei libri di storia. C’è molto frastuono, intorno alle lingue, in tutta la Spagna e non è facile per uno straniero capire la situazione. La lingua, ovunque, si innesta con il senso di appartenenza, la cultura, l’etnia. Con l’identità.
Indice
Nella Comunità Valenciana si parla il valenciano
Se diamo un occhio alla storia, semplificando molto, possiamo riscontrare alcuni passaggi chiave. Secondo una delle teorie in voga, il valenziano entrò nella Comunità omonima per mano del mitico re Jaume I d’Aragó, non per niente conosciuto anche come Jaime el Conqueridor (Il Conquistatore). Due cose da chiarire qui.
La prima: il re era mitico non perché appartenesse alla mitologia, ma per il ruolo che la storia e l’agiografia gli hanno assegnato, nell’alveo della Reconquista.

La seconda: L’altra cosa è che la lingua valenziana, in quegli anni, non veniva definita così: piuttosto vulgar, pla, llemosí… E soprattutto, in quell’epoca non c’era affatto la dualità spagnolo-valenziano, così abituale oggigiorno.
La dualità era piuttosto, su quasi tutto il territorio regionale, valenciano-arabo. What? Arabo?
La Comunità Valenciana fu parte di Al-Andalus per cinque secoli
I sovrani aragonesi conquistarono nel corso del XIII secolo quello che, grosso modo, corrisponde all’attuale territorio regionale, dalle mani degli arabi: da quel momento, ci furono migrazioni che portarono abbondanti masse umane a stabilirsi nel territorio del Regno di Valencia.
Tra i nuovi arrivati c’erano stranieri, ma la maggioranza erano aragonesi e ancor di più catalani. La cosa si intensificò a partire dal XVII secolo. Nota: la questione è dibattuta, ma per semplificare dirò che buona parte di quanti arrivarono parlavano catalano.
È forse più chiaro, ora, capire come mai quello che noi chiamiamo spagnolo è, per molti spagnoli, meglio definirlo castellano. Spagnole sono tutte le lingue che si parlano all’interno dello Stato spagnolo ad oggi, e il castigliano è solo una di esse.
Eh già, perché le altre lingue parlate in Spagna sono, oggi, il basco, il galiziano, il catalano e il valenziano. Queste sono quelle, per così dire, canoniche, in quanto godono di status di coufficialità insieme al castigliano, ma ce ne sono altre ancora.
Evidentemente, i coloni portarono con sé la loro di lingua, e questa finì per confluire nel valenciano, anche se in realtà il valenciano non era esattamente estraneo alle terre della Comunità.
Il pluralismo linguistico nelle terre valenciane
Il regno musulmano anteriore alla Reconquista era conosciuto come Taifa de Valencia.
Qui i mozarabi (cristiani) e i muladi (cristiani convertiti all’Islam) parlavano e scrivevano in valenciano, seppure in uno di certo distante da quello contemporaneo. E questa è una delle altre teorie a proposito dell’origine del valenciano.
Non sarebbe né un dialetto né una varietà del catalano, bensì un ceppo linguistico evolutosi direttamente dal latino dell’antichità in maniera indipendente.
L’ultima grande teoria sostiene che il maggior peso nella nascita del valenziano è dovuto all’occitano: quella lingua parlata nel sud della Francia e qualche lembo di Piemonte, una volta molto più di oggi, nella quale così tanta poesia e letteratura venne scritta nel Medioevo. In effetti, l’occitano è un pilastro della civiltà letteraria europea.

Ma qual è il vincolo tra una lingua e l’altra, in questo caso? Beh, i venti occitani soffiavano alla corte del sopra menzionato Jaime I; inoltre, tra i numerosi migranti stabilitisi in queste terre, c’era un certo numero di francesi e di altoaragonesi, genti che aveva l’occitano per lingua madre.
Ma allora da dove viene il valenziano?
È difficile determinarlo, anche se è indiscutibile che ciascuna di queste teorie abbia del vero. Sia come sia, siamo alla fine del XV secolo e il valenziano vive anni gloriosi.
La lingua viaggia fino a San Pietro grazie a Papa Borgia, valenziano madrelingua, ed uno dei testi più belli e sottovalutati della letteratura universale è scritto in questa lingua: Tirante el Blanco, di Joanot Martorell, anche se non durerà. Sia per l’influsso del castigliano, sia per aperti ostracismi, il valenziano tornerà a respirare a pieni polmoni solo una volta chiuso il capitolo franchista, sebbene le diatribe teoriche a proposito della lingua erano già iniziate da tempo.
È il valenziano una lingua a sé stante? È un dialetto del catalano? Sono forse le due diverse facce di un unicum linguistico?
Sono il catalano ed il valenziano una stessa lingua?
E qui sono dolori. Il mondo accademico è concorde: si tratta di un sola entità linguistica; la società civile e il mondo politico sono invece più frammentati.
Esistono posizioni che difendono l’alterità delle due lingue, posizioni sensibili ai sommovimenti politici che languirebbero dietro una piena accettazione del principio di unità linguistica. Si teme, cioè, che tale accettazione apra le porte ad un progetto egemone della Catalogna sulla Comunità Valenzana, ed è un nervo permanentemente infiammato: basta una mappa, un depliant di qualche Comune, un libro di scuola, un editoriale su un giornale…
Ma sono poi così diverse, alla fine?
Beh, viste da fuori, nel vasto mondo, no. Ethnologue, al di là delle percezioni personali, è d’accordo: trattasi di una sola lingua. Non fa eccezione la AVL, la Accademia Valenziana della Lingua, che è la massima autorità del valenziano.
Viste da dentro, dal punto di vista di chi si confronta spesso e volentieri con ambedue, certe differenze si fanno evidenti. Le vocali, certi verbi, abbondanti castellanismos (parole d’origine castigliana). Se entriamo in dettaglio, sempre Ethnologue chiarisce che il catalano (centrale) ha un’intelligibilità del 90-95% con il valenciano: moltissimo.

Imparano il valenziano i nuovi arrivati?
Secondo una mia indagine empirica, sono pochi gli stranieri che imparano valenciano. Frequento meno la Catalogna, ma da quanto mi risulta, lì gran parte della popolazione foranea impara invece il catalano con una certa normalità. Parlo, quindi, di adulti che non lo apprenderanno di certo a scuola.
Il commento più frequente che ascolto a Valencia e dintorni, invece, è:
ma a che serve? Con lo spagnolo andiamo dappertutto.
Il che, tecnicamente parlando, è vero. Eppure, non ricordo d’aver sentito una tale giusticazione in Catalogna.
È vero, d’altro canto, che in Catalogna il catalano è onnipresente; non qui nella Comunità Valenziana, dove è diffuso a macchia di leopardo (e più sulla costa che nell’entroterra) ed è piuttosto assente a València.
Nel capoluogo, è limitato alla segnaletica stradale, alle comunicazioni pubbliche, al mondo scolastico e istituzionale. Dipende forse dalla maniera in cui viene proposto, il valenciano?
Perché il valenziano non viene imparato?
Ancora una volta, opinioni dispari. Ci sono quanti difendono ogni iniziativa di sostegno alla lingua, e quanto vivono le stesse iniziative come innecessarie forzature e sprechi di danari pubblici.
I primi difendono con orgoglio l’identità valenzana e credono che la lingua ne sia la spina dorsale. I secondi, invece, pensano che la valenzianità si possa perfettamente valorizzare con lo spagnolo e che nelle scuole dovrebbero potenziare piuttosto l’inglese. È un grande boh, caro amico.
Non mi resta con concludere questo post raccontandoti la mia esperienza personale.
Come ho imparato il valenciano
Per me il valenciano è stato una sorpresa: avendo imparato gran parte del mio spagnolo prima di stabilirmi qui, appena arrivato, ho iniziato a flirtare con il valenciano. Mi è stato di grande aiuto vivere per quattro anni in una città valencianoparlant, cioè dove la lingua principale era il valenziano.
Ho scoperto che c’era un sistema di certificazioni linguistiche al rispetto, organizzato dalla JQCV (Junta Qualificadora de Coneixements de Valencià). Una fetta consistente di popolazione cerca di ottenere uno o più di questi titoli, sostanzialmente per migliorare la propria impiegabilità, anche se soprattutto nel settore pubblico.
Allora, un po’ per curiosità, un po’ per il desiderio d’avere una carta in più da giocare nel mercato del lavoro, ho continuato a studiare e ad esercitarmi, fino ad ottenere il diploma Valencià Mitjà, equivalente ad un C1.
Strada facendo, ho scoperto che era molto interessante.
Fu l’inizio di un periplo che mi ha portato a conoscere svariati pezzi da novanta della cultura valenzana, catalana, andorrana e… algherese (ebbene sì, ad Alghero si parla un dialetto di forte impronta catalana).
Lo scrittore Joanot Martorell, la cantante Eva Gómez, …: li avrei apprezzati, in altre lingue? Sì, ma non con la stessa intensità.

Ed è per questo che, secondo me, parlare e scrivere in valenziano non significa tornare al passato o solleticare nazionalismi. Non credo che la dialettica sia: meno valenciano e più inglese: dovrebbe esserci spazio per ambedue. E credo pure che sia un peccato che uno straniero, una volta padroneggiato lo spagnolo, non pensi d’imparare il valenciano, se vive qui.
Una lingua diversa è una diversa visione della vita.
[Federico Fellini]
Letture raccomandate di valenciano
Siamo arrivati al termine di questo post sul valenciano. T’è piaciuto? Quanto conoscevi a questo proposito?
Se vuoi approfondire su questi temi, ci sono alcuni libri che potrebbero fare al caso tuo, anche se non strettamente inerenti alla questione linguistica locale. Questi due qui sotto ne parlano solo di striscio, ma restano molto buoni:
George Orwell, Omaggio alla Catalogna: parla dell’esperienza dello scrittore da queste parti, durante la Guerra Civile, conflitto le cui ferite non sono ancora del tutto sanate. Lo stile, personalmente, non mi fa impazzire, ma il contenuto c’è, ed è un classico della storia spagnola.
Rafael Chirbes, Sulla sponda: un’immersione in chiave romanzesca da uno scrittore fuori dagli schemi, su uno dei territori che conosce meglio.
Chirbes, nato a pochi chilometri da València, narra come pochi la montagna russa socioeconomica di questi primi anni del XXI secolo: segue sulla linea del precedente pluripremiato Crematorio, anche oggetto di una serie tv di altrettanto successo, che è al momento disponibile solo in spagnolo.
Che dire, sono ambedue delle sonore sventole, ma di quelle che poi ti fanno aprire gli occhi.
Se ti incuriosisse più il versante propriamente catalano, questo di Assimil è valido per dare un’occhiata alle strutture e imparare le prime frasi:
Se facessi invece sul serio con il valenziano, questo corso è eccellente per iniziare:
Poi, se ti acchiappasse, puoi sempre continuare ed iniziare dal link qui sotto. 👏
Conclusioni
E tornando alla lingua di queste terre, se vuoi andare fino in fondo con il valenciano e i suoi diplomi, non puoi mancare questo post: Il valenciano: come prepararsi agli esami della Junta Qualificadora de Coneixements de Valencià
Ci racconto pure come mi ha aiutato sia a fare più quattrini, sia a livello personale.
🙏 Commenta e condividi 🙏
A presto!
Il tuo consulente linguistico personale,
Fabio
PS: non potrei concludere questo post sul valenciano senza ringraziare Ali, Vero, Irene e Toni, per avermi accompagnato nella mia valenzianizzazione 😀
Fantastico post.
Nelle mie peregrinazioni giovanili tra il sud della Francia e la Spagna, me n’ero accorto che c’erano certe congruenze, senza saperne nulla di lingue all’epoca.
Ora mi piace leggere e studiare il occitano, il catalano, il provenzale, non sapevo del valenziano. Aggiungo una lingua ai miei interessi.
Grazie Fabio. Quando pubblichi qualcosa sull’occitano?
Vado a leggere il resto del tuo sito.
Grande Giovanbattista!
Beh sì, c’è un grande continuum linguistico-culturale che comprende le zone da te citate ed oltre.
L’occitano: mi affascina assai ed è al centro di interessantissimi fermenti. Ma non saprei quando pubblicherò.
Il tempo è il problema principale, la voglia ci sarebbe… intanto continua su queste frequenze 😉
Ciao Fabio,
per vari motivi mi sono interessato molto alla lingua catalana e ho comprato il “catalan de poche” su base francese. Leggendo il tuo articolo ho trovato che c’è anche la versione per arrivare al b2 in base spagnola, ma mi chiedo se posso arrivarci anche solo con il libretto e con dei video su Youtube. Tu cosa ne pensi? Considera che conosco già francese e spagnolo.
Moltes gràcies per la teva ajuda
Grande Edoardo!
Il Catalan de Poche e i video sono poco pure per arrivare ad un A2, temo. Con il corso Il Catalano Senza Sforzo ti ci avvicineresti ulteriormente, ma mancherebbe ancora un bel po’: di certo è comunque un buon inizio.
Di corsi per imparare da soli il catalano ce ne sono svariati e di buona qualità, sebbene non ne abbia ancora scritto, e non costano neppure molto.
Nella sezione in spagnolo del sito troverai molte informazioni relative al valenziano, che è la denominazione locale del catalano nella regione di Valencia: c’è qualche differenza grammatica e lessicale, nello stesso modo in cui l’italiano parlato a Firenze ha qualche differenza con quello di Ascona.
Gràcies a tu per a llegir aquest lloc web 😀